Roccalbegna

“Pareti verticali di calcare nudo, cariche di riflessi color ruggine, incombono a precipizio sulla trincea ad anse che il fiume ha scavato fra le gole di roccia, e le chiome folte di migliaia di alberi, lucide d’un verde quasi prismatico per effetto della pioggia, rivestono a perdita d’occhio i fianchi dei colli affacciati sulle strette della valle.

E’ un mondo a parte, compreso tra la mole spoglia d’alberi del Monte Labbro e le gole del fiume, e l’abitato di Roccalbegna, disposto su un pianoro sovrastato da due rupi minacciose, ne occupa il cuore”.
(tratto da “Nessuno lo saprà viaggio a piedi dall’Argentario al Conero” di Enrico Brizzi)

DJI_0022E’ una descrizione perfetta quella lo scrittore Enrico Brizzi offre di Roccalbegna. Il paese, di origini medioevali, sorge su un pianoro del Monte Labbro, situato tra due rupi a strapiombo, sfruttate nei secoli a scopi difensivi.

Citato in un documento di Ottone IV datato al 1210, nel secolo XIII il castello fu un possedimento della famiglia Aldobrandeschi, per poi passare sotto la signoria di Ranieri di Ugolino di Roccalbegna i cui discendenti (tra il 1293 e il 1296), furono costretti a cedere i loro diritti al comune di Siena.

Roccalbegna rimase sotto l’influenza della Repubblica Senese fino alla metà del Cinquecento, quando quest’ultima capitolò a Firenze. Fu Cosimo I dei Medici a cedere il paese come feudo al cardinale Antonio Sforza e ai discendenti della famiglia Sforza-Cesarini di Santa Fiora. Nel 1646, dopo essere tornata in possedimento granducale, Roccalbegna fu della famiglia senese dei Bichi-Ruspoli fino al tardo Settecento, quando divenne un comune del Granducato di Toscana.

Una storia che si ritrova nell’attuale assetto urbanistico: furono gli architetti senesi che, alla fine del XIII secolo, misero le basi per il caratteristico impianto di vie ortogonali apprezzabile ancora oggi dagli affacci della “Pietra” e del “Cassero”.

Notevoli le chiese dei Santi Pietro e Paolo, quella del Crocefisso e della Madonna del Soccorso, all’interno delle quali si possono ammirare opere d’arte di Ambrogio Lorenzetti e Luca di Tommè. Interessanti il Cassero ed il suo giardino, il palazzo della Lana, il palazzo Bichi Ruspoli e la cinta muraria con la porta di Maremma perfettamente conservata.

Singolare il paesaggio che caratterizza il borgo, con lo spuntone di roccia con massi tra i quali serpeggia l’Albegna e lo scoglio con i resti delle fortificazioni (detto Sasso o Pietra) posizionato proprio sopra l’abitato. Particolarissime le abitazioni strette tra il Sasso e la Rocca, altro poggio roccioso con i ruderi delle fortificazioni aldobrandesche e del cassero senese.

Un luogo “fuori dal tempo”, unico ed irripetibile che fa dell’accoglienza e della semplicità il suo biglietto da visita come raccontano le feste che animano il paese all’insegna dei sapori tradizionali come la “Biondina”, ovvero la caldarrosta, definita così alludendo al colore che la castagna assume dopo essere stata arrostita nei tipici bracieri e che si svolge nella frazione di Cana, piccolo centro che sorge nei pressi del torrente Trasubbie

Una lunga storia anche quella di Cana che già nel 1216 risulta parte dei possedimenti della famiglia Aldobrandesca per poi passare, verso il 1274, ai conti di Santa Fiora.

Nel 1349, Cana sembra già indipendente. Dopo i Battifolle, nel 1397 succede la famiglia dei Tolomei di Siena i quali, nel 1410, la cedono definitivamente al comune di Siena.
Nel 1559 viene annessa allo stato mediceo per essere definitivamente aggregata nel 1787 a Roccalbegna.

Il paese è caratterizzato dalla Rocca Aldobrandesca, la Casa del Gran Cane ed il palazzo di Giustizia. In piazza del Popolo è presente la famosa cisterna fatta costruire dai Medici intorno al 1611, realizzata in cotto e pietra locale.

Notevoli le chiese di San Martino, fondata probabilmente nel ‘200 e quella della Madonna del Conforto, collocata nella parte alta del paese, fondata nel XV secolo.

Roccalbegna – frazione di Cana
Pro Loco Cana – Piazza del Popolo, 58053 – Cana (GR)
info@quellidicana.it

 

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